San Michele Arcangelo
Visione interna
Antica, travagliata ed elogiata.
La chiesa di San Michele Arcangelo, situata sul lato Nord di Piazza San Nilo, fu fondata tra il 796 e l’817 dall’abate Gisulfo di Montecassino insieme al Monastero di Sant’Angelo, adoperando i materiali degli edifici romani preesistenti del Pagus Vallis Luci1. Tra il 948 e il 985, l’abate Aligerno fece restaurare il complesso monastico per accogliere San Nilo da Rossano2, il quale tra il 979 e il 994 vi apportò ampliamenti e vari adornamenti3. Tra il 1011 e il 1022, Sant’Angelo tornò ad essere dimora benedettina e l’abate Atenolfo lo ampliò e lo fece dipingere1-4. Ancora una volta nel 1460, venne arricchita con una serie di affreschi dei quali sono sopravvissuti solo una Madonna col Bambino e altri piccoli frammenti nell’attuale sagrestia. Dopo il terremoto del Sannio nel 1688, la chiesa venne voltata, contraffortata e decorata con motivi barocchi. Nel Settecento fu costruita la cappella di San Giuseppe, mentre nella seconda metà dell’Ottocento venne costruita la casa canonica che causò la distruzione parziale delle tre absidi originali e la costruzione dell’abside attuale. Dall’inizio del XX secolo la chiesa fu sottoposta a una lunga serie di cambiamenti, a seguito alle Guerre Mondiali e ad altri eventi sismici e che la portarono ad assumere l’aspetto odierno.
La chiesa si sviluppa su una pianta longitudinale. All’esterno presenta una facciata a capanna bianca, decorata con delle sottili cornici grigio-azzurro lungo il suo perimetro che la dividono idealmente in due registri. Il portale è affiancato da due lesene doriche, le quali sorreggono un arco a tutto sesto circondante una lunetta. Al di sotto vi è una finestra con decorazioni in ferro all’interno. In alto, troviamo un rosone con una vetrata raffigurante la statua di San Michele Arcangelo, inquadrata da due colonne doriche con un arco ribassato. Sulla destra, posto lievemente più in avanti, si trova il campanile suddiviso in quattro registri da quattro cornici. Il registro centrale presenta su due facce due fori circolari, in ognuno dei quali è inserita una stella sagomata a otto punte. L’ultimo registro, più slanciato rispetto agli altri tre, presenta su ogni faccia un’apertura con arco a tutto sesto e contiene un concerto di tre campane.
L’interno è costituito da un’aula unica absidata. Attualmente è decorata con numerose pitture murali a motivo floreale stilizzato eseguite nel 1955. Esse si estendono dagli otto pilastri della navata fino al soffitto dipinto con cassettoni fittizi. La parete di fondo presenta degli ornamenti classicheggianti con candelabri, ghirlande e putti, al centro della quale troviamo l’immagine clipeata di Dio Padre e simboli eucaristici. L’arco absidale è sostenuto da due colonne monolitiche in granito a fusto liscio, con capitelli corinzi di epoca romana. Il catino absidale contiene un vasto dipinto dove in alto vi è la Vergine orante con angeli e in basso gli Arcangeli Gabriele e Raffaele. L’altare principale è stato eretto nel 1975, grazie alla donazione di Caterina Rossi, a seguito della demolizione del precedente altare tridentino. In fondo sul lato sinistro si trova la cappella di San Giuseppe. Al suo interno vi è un magnifico altare in stile neoclassico rivestito con marmo, gessi e stucchi che custodisce la statua settecentesca in cartapesta del santo. Sul lato destro, si trova l’altare maggiore dell’Addolorata, costruito nel 1933 a ricordo di Benedetto e Maria Civita Di Cicco.
La statua di San Michele Arcangelo è l’opera sculturea più importante che si venera nella chiesa di Valleluce e senz’altro la più pregevole. Il suo materiale e la sua manifattura infatti confermano senz’ombra di dubbio che si tratta di un’opera delle botteghe napoletane di scultura lignea del XVIII-XIX secolo. È alta 140 centimetri ed è collocata nella nicchia dell’abside, centro visivo di tutto l’edificio. L’Arcangelo Michele, raffigurato con un’elegante posa in contrapposto, è colto nel momento della vittoria sul maligno. La sua figura appare leggera e i suoi gesti eleganti e aggraziati, come se si fosse appena posato dopo un volo. Egli indossa il paludamentum, la divisa solenne indossata dai generali romani sul campo di battaglia, secondo la sua iconografia tradizionale della Chiesa Romana. La sua uniforme comprende un elmo piumato, un paio di calzari e un mantello rosso sulla spalla sinistra che ondeggia verso la sua destra. Nella mano destra impugna una spada sottile mentre con la sinistra indica il Diavolo sconfitto, il quale è raffigurato come una belva dalle sembianze canine.